Bentornata

Non ho nemmeno voglia di scrivere il post.

E’ come quando ci si guarda intorno e ci si rende conto di avere centinaia di cose da fare tutte ammucchiate l’una sull’altra e non si ha la forza di iniziare. Mi sento talmente soffocata dalla mole di cose da non avere neanche la voglia di iniziare a metterle in fila o togliermele di dosso.

La prima cosa è che sono a casa. Dovrebbe essere una buona notizia ma non lo è: il mio corpo si trova ad una latitudine inusuale, il sole è diverso, i colori pure, la temperatura è quella che è, per non parlare dell’umidità e degli odori. Per motivi a me sconosciuti il mio corpo manifesta questo disagio geografico con una bella dose di nausea.

La seconda cosa è no, non puoi organizzare meglio la mia roba per fare spazio alla tua, anche se non c’è spazio da nessun’altra parte nella stanza in cui dormi. Un modo sicuro per farmi sentire a casa.

La terza è dormo male. Anche se è il mio letto, quello in cui ho dormito per più di vent’anni.

La quarta è che chi dirige il mio coro ha detto che non ha senso che io torni a cantare per soli tre mesi.

Questa è la cosa che mi allibisce di più –non la seconda, perché tanto conosco i miei polli e avrei dovuto immaginarmelo– perché per me non si tratta di cantare per un concerto, non si tratta di cantare per avere la parte, non si tratta neanche di cantare per fare bella figura. Si tratta di cantare perché ho passato cinque mesi senza il mio coro, senza cantare insieme a loro, senza sentire le loro voci armonizzarsi con la mia.
Sono allibita, ferita, triste e arrabbiata. Ho bisogno di cantare con il coro, ho bisogno di cantare. E’ come una dipendenza o un tipo molto particolare di sete, una parte di me che potrebbe inaridirsi e morire. Ma se tu hai creato in me quel bisogno, se tu hai voluto che io cantassi e sviluppassi questa dipendenza, perché ora non me lo lasci fare?

E non so assolutamente cosa fare, se parlarle, se supplicarla, se implorarla di lasciarmelo fare. Avevo pensato di venire alle prove e ascoltare e basta, ma so che sarà una tortura mostruosa. Un incubo.

La quinta è che ogni cosa mi è aliena. Ogni Cosa. E’ come risvegliarsi da un sogno bellissimo, come se tutto quello che è successo in questi cinque mesi fosse da un’altra parte, fosse stato in un universo parallelo, un sogno, qualcosa di inventato. Mi sento in trappola.

La sesta è che non se ne preoccupa nessuno. Finora una sola persona mi ha chiesto come sto dentro. Per il resto –e oh come mi ferisce ammettere che mi sento così– sono scontata, tornata e basta.

Ho una sola cosa bella per cui ringraziare l’Universo, oggi, che a sua volta però si trasforma nella settima cosa negativa: oggi, dopo anni del morbido tocco del coniglio, le mie mani hanno sperimentato tutta la potenza lancinante del gatto di pochi mesi in piena lotta spensierata.

Non posso avere nessun gatto, a casa, perché mio padre è allergico.