Così sforziamoci, nella notte, di produrre qualcosa.
SO.
Innanzitutto ho fame.
Non fame tipo ehi, mangerei qualcosa, fame tipo un leopardo che cerca di uscire da una gabbia. Fame tipo se in questo momento potessi mi sbranerei una ciotola di riso e cotoletta di maiale. Guardare Yuri on Ice mi ha fatto male, lo so, ma il katsudon era la mia debolezza anche prima.
–no ma dico…guardatelo–
Poi sono qui, orologio alla mano, in attesa che arrivi la mezzanotte e io possa mostrare a mia sorella l’incredibile regalo che sto per farle. Vorrei dire che spenderò di più per il suo regalo che per i biglietti aerei per Natale ma non sarebbe vero. Anche se ci vado vicino.
Quindi sono seduta sul divano bianco del “mio” appartamento a Oxford, sola soletta perché Jo è a Londra dal figlio, in preda ai dubbi. Che fosse stato meglio approfittarne? Che fosse stato meglio prendere ed andare ad uno dei tanti Halloween Party della città?
Proprio io che non ho mai amato Halloween?
Io che non ho bisogno di sfogarmi in travestimenti perché sono sempre me stessa?
–…io che è è meglio se le belle metafore le lascio a Jesus…–
Oggi sono successe due cose degne di nota.
La prima è che praticamente dal nulla è uscita la trama per un nuovo libro. Immagino che non sia una sensazione con la quale siate facilmente familiari ma provate a immaginare una valanga. Inizi con un’idea piccina piccina –ma se io scrivessi un libro sull’esperienza di essere barista da Starbucks?– poi inizi ad ammonticchiare idee –le misure che confondono la gente, i nomi sbagliati sui bicchieri, i clienti furbetti– e poi la tua manager mette dentro la testa, fa un commento sulla sua boss e all’improvviso la cosa prende una piega del tutto inaspettata e tu ti ritrovi a immaginare cose e cose e cose e tutto ruzzola giù come un’allegra valanghina –ok, non la migliore delle metafore– e sei a posto per il mese di Novembre e il NaNoWriMo.
Poi.
Come sapete –e se non lo sapete ovviamente sapevatelo– quando entra un cliente interessante scatta il codice segreto tra i baristi…il mio è white mocha, perché mi piace il cioccolato bianco, ma sono ormai settimane che non lo uso più, specie da quando io e Jesus abbiamo iniziato a giocare a vediamo chi fa la prima mossa invece di gustiamoci gli occhi con i clienti estivi.
Ebbene, oggi sul tardi è entrato in negozio un ragazzo.
Alto.
Ossuto.
Con i capelli biondi.
Lunghi.
Aveva un signor naso.
–parentesi nel quale mi arrendo al fatto che mi piacciono le persone il cui naso ha una certa personalità–
Aveva in mano un libro.
–parentesi nella quale cerco di dire che non mi piacciono i biondi e le bionde e fallisco miseramente–
Prende, si avvicina al bancone e ordina un white mocha grande.
Subito non mi si accendono tutti i radar, sono troppo impegnata a cercare di capire cosa sta leggendo.
Gli Inganni di Locke Lamora.
–parentesi in cui ricordo a chi si fosse messo in ascolto soltanto adesso che io amo follemente quel libro–
Quindi procedo a diventare di un colore poco umano, a dimenticare tutto il mio fluent english –sì, quello per cui la gente si complimenta così spesso– –esatto, me la tiro perché per questo me la posso tirare– tranne poche parole come environment, understatement e grapes, evidentemente molto utili in una conversazione sui libri, e a perdere completamente il grip sul mio sharpie, il pennarellino con cui scriviamo sui bicchieri di carta.
–l’altro giorno qualcuno ha chiesto a una ragazza- -esatto, la decontestualizzazione regna sovrana- –come seduci un uomo. Io mi sono fermata e ho realizzato che mai, mai nella mia vita mi sono chiesta come sedurrei un uomo– –ora so come–
Dopo un’intera giornata di lavoro capite che non metabolizzavo l’inglese né in entrata né in uscita, quindi ho farfugliato il farfugliabile e annuito quando il tono del ragazzo lo richiedeva, ho completamente e drammaticamente dimenticato il suo nome
–momento di lucidità: ANDREW–
e ho fatto finta di servire il cliente dopo di lui.
–nel frattempo l’evento con mia sorella è accaduto e sono abbastanza convinta che sia andato bene–
Tra un tentativo di chiudere il negozio e l’altro –J era fuori uso per motivi festaioli, io perché ero completamente distratta dal ragazzo– ho partorito un brillante piano per attaccarci bottone: consigliami qualche scrittore.
Quando poi porgi un bigliettino ad un ragazzo perché ci scriva il nome russo di un autore che ti ha consigliato non ti aspetti che torni completamente coperto di nomi tipo una quindicina con annessi titoli e ambientazioni.
E senza Robin Hobb.
Così cogli l’occasione per consigliargliela.
E suggerirgli di tornare a dirti quando l’ha iniziata.
Come ha commentato Jesus…next time tell him you love white mocha with blonde espresso!
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