Ma Io Dov’Ero Quando La Mia Vita Succedeva?

Ieri ero determinata a scrivere un bel post su come i miei amici mi abbiano risollevato il morale domenica.

Immaginate un viaggio in treno di una quindicina di minuti, sotto un tempo che dice girati un attimo e mi metto a piovere, in loop nelle cuffiette la canzone di Beyoncé If I were a boy e come destinazione Didcot, la città senz’anima per definizione.

Il prologo lo conoscete, quei forse otto minuti passati da Starbucks ieri mattina che hanno dato alla Pasqua la svolta triste che le mancava. Dopo una botta del genere mi conoscevo e già mi immaginavo trascorrere l’intera giornata a fare la mummietta malinconica in un angolo del soggiorno mentre i miei amici si divertivano, specie perché loro si incontravano a mezzogiorno e io potevo raggiungerli solo alle tre.

Invece.

Alla stazione della città senz’anima sono stata raccolta dalla persona meno senz’anima di questo pianeta, il mio amico N –quello che se non fosse praticamente sposato non ne lascerei neanche le briciole, ma da anni– che ha avuto pietà del mio cuore spezzato e non mi ha dato nessuna soddisfazione nel parlare di Reyn, limitandosi a guidare fino a casa.

Lì sono stata accolta dai miei amici che non solo sono stati calorosissimi ma mi avevano anche aspettato per mangiare il primo. Io, colpevole di aver lavorato dalle settemmezza del mattino, non avevo portato assolutamente niente –a parte il mio mazzo di Sushi Go– ma mi sono goduta un pranzo pasquale degno delle migliori nonne, abbondantemente condito di risate –con la compagnia che abbiamo composto non c’erano dubbi– e punteggiato di…well, diciamo che è stato fatto buon uso di questo pulsantece lo siamo passati tutto il giorno– nei momenti migliori.

Poi è stato tirato fuori Cranium, e lì abbiamo perso ogni dignità.

Io non ci avevo mai giocato e non sono certa di aver compreso tutte le regole nemmeno ora, ma ho trascorso il paio d’ore più spaventosamente assurdo della mia vita e mi sono divertita un mondo.

Poi sono successe cose.

Persone mi hanno parlato di persone, sono stati visti bambini e gatti e alberi, si sono trascorse lunghe giornate piene di lavoro e vuote d’amore, sono stati ricevuti messaggi ai quali non si poteva dare nessuna possibile risposta e che pure parlavano al cuore.

……

…e siccome lo scopo del blog è la comunicazione ora facciamo della vera comunicazione.

La mia ex collega M ha fatto un resoconto dettagliato delle incresciose faccende di domenica, gettando su Mr. Gatto una luce terribile che gli ha fatto perdere tutti i pochi punti che ancora gli erano rimasti e facendolo passare da Mr. Sono Bravo Solo a Parole a Mr. Non Mi Vedrai Più Nemmeno In Foto.

Reyn mi ha scritto di essere atterrato sano e salvo, messaggio che ha dissipato le mie paure ma al quale non me la sono sentita di rispondere. Tenermelo lontano è più che altro una punizione a me stessa, immagino, ma se ha deciso che non vuole fare nessuno sforzo per tenermi al suo fianco non vedo perché dovrei concedergli la mia devozione.

Perfino mentre scrivo così mi sento una persona orribile.

Bambini e gatti e alberi sono le cose che oggi, al MapleThorpe Building, ho visto di più mentre aspettavo i comodi dei conferenzieri. Ora, a parte la bellezza degli alberi del nostro giardino –a proposito, mica che volete vedere?– e il mio desiderio di avere un gatto…

…c’era questa bambina di sei mesi, che guardava in giro con questi occhioni, che mi fissava dovunque andassi e mi sorrideva, e ad un certo punto ha allungato le sue manine verso di me…

 

Se non avete ventotto anni e il cuore vuoto Non Potete Capire.

La Mente di uno Scrittore

Quando la notte è stata troppo solitaria e la strada è stata troppo lunga
e tu pensi che l’amore sia solo per i forti e quelli che hanno fortuna
ricordati solo che in inverno, sepolti sotto la neve amara,
giacciono i semi che con l’amore del sole
in primavera
diventano
rose

Volevo cantare, stasera.

Sono come una sorgente, quando provo delle cose intense: mi sgorgano dall’anima e in qualche modo devono uscire, allora canto.

Sulla strada di casa escono sempre le stesse canzoni: Your Love di Ennio Morricone richiede di essere cantata con la giusta intensità, stesso dicasi per Ghost Love Score dei Nightwish, che certo non posso mettermi a cantare in autobus in mezzo alla gente.

Nonostante tutto, una volta scesa mi sono permessa di cantare prima The Rosela citazione che apre il post– di Bette Midler e poi Flashlight, di Jesse J, alla notte senza stelle, come se il quartiere fosse una specie di enorme teatro messo lì solo per me.

Non dico che ho ricevuto applausi e fiori dalle finestre ma una signora che attraversava la strada nel senso opposto mi ha sorriso e ha detto Such a lovely singing. Io direi che basta.

Oggi pomeriggio io e Cì siamo state a vedere una recita scolastica –sapete già tutto sulla mia passione per le recite scolastiche– in francese della classe del suo bambino. Pare che frequenti una scuola supercostosa per soli maschi, ma sono stata piacevolmente sorpresa da come lo spettacolo fosse molto divertente pur rimanendo di ottima qualità: i bambini –dieci anni– sapevano a memoria tutte le battute in francese e le pronunciavano con una deliziosa enfasi che per quasi un’ora mi ha fatto completamente dimenticare che fossero in realtà inglesi.

Per tacere del bambino che ha interpretato Esmeralda, bravissimo e per niente impacciato.

sto ascoltando Ed Sheeran, malinconico e delicatissimo come sempre, e mi chiedo…siamo ancora per la sincerità? Perché ce n’è tanta che deve ancora uscire

Ma comunque, il punto della giornata non è ancora arrivato.

Stavo tornando a casa, con il cuore pieno di sollievo, e desiderio, e gioia, e piacere e piccole cose che volevo usare per generare calore nel cuore di qualcuno, quando mi sono fermata sul ponte.

Ho guardato l’acqua nera, il vento che la increspava solo quel minimo necessario a non mantenerla liscia, e ho pensato a cosa sarebbe successo se fossi salita sul parapetto, dato che non c’era nessuno intorno, e mi fossi buttata.

la mente di uno scrittore fa questo ed altro, ma nel frattempo è nata l’idea per una storia

Mi hanno assunta, oggi. Sono ufficialmente barista in training da Starbucks. Ho Di Nuovo Un Lavoro.

e ci ho messo 20 giorni a trovarlo

Come Si Accende Il Fuoco?

-combatte un attacco di tosse mista a risa

Shame on me.

Devi sapere che ci sono due ragazzine di 12 anni in cucina, con un treppiede e tanta voglia di mettersi in mostra, che stanno cercando di riprendersi mentre preparano i pancake.

Hanno appena chiesto, nell’ordine, dov’è la bilancia, dov’è il burro, dov’è la padella e come si accende il fuoco. Ma questo nel video credo non lo diranno.

Le sto guardando adesso, attraverso i vetri della porta della cucina, mentre, se ho capito bene, applicano il secondo strato di olio alla padella.

Il fuoco, a occhio, è troppo alto.

Oggi ho finalmente avuto il mio colloquio con il career advisor e sono rimasta piacevolmente colpita dal modo in cui il Regno Unito gestisce la cosa: mi hanno mandato un profilo molto preciso della figura lavorativa che mi interessava, con una descrizione delle competenze richieste e il modo per raggiungerle, l’aspettativa di guadagno e il monte ore richiesto. Una cosa mooolto dettagliata che puoi ammirare qui.

Inoltre mi hanno mandato a fare una serie di test online per individuare la direzione migliore per il mio sviluppo lavorativo –test che, lo devo ammettere, mi hanno fatto venire gli occhi quadrati– e mi hanno comunicato che il corso migliore che potrei seguire è alla Brooks University e costa 7000 sterline.

Non lo ripeterò, hai capito benissimo. Le domande si moltiplicano.

nel frattempo le ragazzine si riempiono la bocca di panna e la cucina di fumo

Vorrei meditare, stasera, ma nella lista di cose da fare c’è anche farsi una doccia, finire di piegare la biancheria, preparare le uniformi per i bambini e mettersi a leggere il nuovo libro di Bianca Marconero, La Prima Cosa Bella.

Sono ancora in lutto per i litigi con lei, confusa al punto da non sapere nemmeno come mi sento e particolarmente bisognosa di fermarmi un attimo, chiudere fuori ogni cosa e meditare.

Facciamo così, io vado a farmi una doccia e tu vai a guardarti questo bellissimo trailer, perché io andrò a guardarmi questo film a tutti i costi e poi voglio anche te a parlarne, dopo. Ciao!

Chissà

Ci sarebbero tante cose da dire.

Una di quelle è quando lasci una persona dev’essere morta, per te. Come si diceva la settimana scorsa.
Invano.

Ci sarebbe da chiedersi come mai, a distanza di cinque anni, vengono a galla cose che all’epoca sembravano così chiare e palesi, e ci si ritrova a dire allora non avevi capito proprio niente.

Sarebbe da dire anche Dovresti smettere di annusare la carcassa della tua vecchia vita, fratello. Forse il dolore senza fine ti piace. A me no. Non c’è vergogna dall’allontanarsi dalle ossa, Cambiamento. E non è particolarmente saggio continuare a farsi del male. Perchè sei così fedele a quel dolore? Abbandonarlo non ti diminuirà.

Dovrei tatuarmi la scritta vecchie ossa sul dorso della mano.

Bisognerebbe poi dire che i bambini, che tanto mi hanno fatta impazzire nel weekend, sono stati molto premurosi nel vedermi star male. T mi ha perfino offerto un abbraccio, il che, contando che è l’unica persona che potrei abbracciare da qui al mio ritorno a casa, è una bella cosa.

Poi però va ricordato anche che in mezz’ora dovrei prendere e andare a vedere una stanza per prenderla in affitto da marzo.

Che in tre settimane me ne vado.

Che l’Universo, mentre mi asciugavo le lacrime per la rabbia di sentirsi rivolgere certe cattiverie proprio dalla persona che ami di più, mi ha abbracciata, e io ho sentito distintamente il mio dolore alleggerirsi e la vista schiarirsi verso l’orizzonte.

Chissà.

I Miei Vicini e I Giorni Feriali

I giorni feriali non dovrebbero essere così.

I giorni feriali dovrebbero essere composti da una mattina in cui sono tranquilla e faccio i miei lavori e le mie cose e da un pomeriggio in cui corro dietro ai bambini quasi ininterrottamente, tra scatole del pranzo, cena, bagno criceti e divise da preparare.

Non che uno si sveglia, deve fare piano, non può fare le sue cose, si nasconde dietro i pisolini degli altri per fare le sue cose, esce, si compra una giacca di pelle e una scatola di latta bellissima, torna, circumnaviga le persone con l’emicrania, le distrae con un film strappalacrime, lava due lavatrici di biancheria, si accorge troppo tardi che i termi non funzionano, compone per sbaglio le scatole del pranzo e chiude fuggendo in camera.

Che devasto.

Volevo distrarmi dalla giornata di oggi –sebbene abbia portato dei bellissimi risultati, come frutta frutta e ancora frutta e la consapevolezza che se voglio faccio un bracciale supercomplesso in meno di 60 minuti- e quindi ho spulciato un po’ i blog delle persone che mi visitano, che è una cosa che non ho mai tempo di fare.

Cinque cose mi hanno colpito.

 

La prima è stata il puntale dell’albero di AllegraBottega, a questo link.

E’ bellissimo, non solo perché le rose sono perfette ma anche perché sono fatte di carta stampata, e la cosa mi ha stordito e affascinato molto più di quanto possa descrivere. Che io una cosa così la indosserei sui miei nuovi capelli assurdi, la appunterei ai vestiti, la metterei ovunque. Una rosa di carta stampata? Ma stiamo scherzando? Vega, è meravigliosa.

 

La seconda cosa è la voce di Cannella.

Che si lamenta, proprio come faccio io, ma per problemi più seri dei miei. Che chiede letture per il suo racconto. Che dipinge, con Vinello per cena, una scena così vivida che anche io, nel mio invincibile maglione, ho rabbrividito. Una sensazione così dolceamara e pungente da evocare in un momento le mie, sensazioni dolceamare e pungenti. Leggetelo qui. Cannella, se vuoi un’umile lettura, io ci sono.

 

La terza è CondiviZone, in ogni sua parte.

L’idea di rendere anche il mio blog un luogo di ascolto mi aveva sfiorato, ma poi mi ero resa conto di non essere qualificata per farlo e di poter offrire, in fin dei conti, solo un orecchio poco professionale. Lo spirito di CondiviZone, invece, mi piace molto di più: un posto dove buttare fuori le cose, belle o brutte, viverle insieme, esorcizzarle. E’ qui.

 

Quarta viene l’avventura di Liv a Papeete.

Sono inciampata nel suo blog –da inesperta camminatrice sui tacchi a spillo quale sono- senza lontanamente immaginare che vi si respirasse un’atmosfera Pennacchiana –uhu che brutto termine- e che l’avrei lasciato ridendo. Il colore rosso mi aveva ingannata, shame on me. Liv, chiedo perdono e ancora complimenti!

 

Quinto e ultimo viene Curi.

A cui bastano sempre e solo 12 righe per emozionare.

Che impugna un pennello, abbozza due cose e quelle due cose ti si conficcano nel cuore.

La cui poesia è inimitabile.

Il cui blog frequento poco perché poi divento verdina d’invidia. Come le moleskine.

Curi. Ancora Curi.

Nient’altro che la Verità

La verità è che avevo un post pronto, una riflessione brillante, delle belle righe sulla mia mamma, sul ruolo dei genitori nella società di oggi, sulla differenza tra come sono stata cresciuta io e com’è stata cresciuta la coppia di bambini di cui mi occupo.

La verità è che è stata una giornata orribile.

La verità è che quella cosa che le persone normali dovrebbero fare quando si mollano con qualcuno, ovvero staccarsi e andare avanti, io non l’ho mai fatta, e sono in chat con lei, e le mie reazioni alla sua infinita saggezza sono ancora infinitamente fisiche e sciocche. L’ho sognata di nuovo, stanotte, e oggi le ho chiesto scusa per l’orribile cosa che ho fatto e che ha rovinato la nostra storia. Ma sono qui con le lacrime agli occhi perché ho bisogno di un branco, e lei era il mio branco.

La verità è che nessun lupo con gli occhi verde acqua guida il branco.

La verità è che sono bloccata nella fossa che io stessa mi sono scavata facendo troppo la carina con questi bambini, tanto che ora non mi portano neanche il rispetto sufficiente da evitare frasi come Io non ti dico mai di mettere in ordine la tua stanza, no? e ribattono sfacciatamente ad ogni cosa dica. Mancano 25 giorni, continuo a ripetermi, mancano 25 giorni, ma la realtà è che dopo questi 25 giorni c’è un baratro ben peggiore della paura che mi fa restare qui 25 giorni.

La verità è che, se non mi prendo la briga io di mandare i messaggi, ci sono solo 2 persone che si fanno vive per prime.

La verità è che sono tanto fiera di come la mamma mi ha cresciuta ma sono uscita una persona fragile e insicura, una persona che teme il buio perché vi si nascondono fin troppi fantasmi e nessun Winchester verrà a salvarmi. Neanche le mie stesse sorelle. Sono brava a sventolare la mia bandiera ma quando cala il sole mi ritrovo a singhiozzare sotto il piumone, perché la mia mamma mi manca e quando è morta io ho perso tutto il mio passato.

La verità è che faccio del mio meglio ma ci sono dei momenti in cui guardo il cielo e sono a tanto così dal premere il tasto quit game.

Eravamo in Francia

Mi piacerebbe che mi poteste vedere, ora.

Ho la faccia dipinta di bianco, le labbra e le guance rosse e dei simpatici baffetti neri disegnati con la matita. Ho addosso una maglia a righe bianche e nere incredibilmente attillata –perché non era pensata per me, diciamo– e dei pantaloni neri e larghissimi. Ho appena tolto una specie di basco di fortuna, fatto di laniccia morbida e viola, che la mia amica L ha fatto per me qualche anno fa e che, ad essere onesti, non ho mai veramente indossato.

Esatto, sono un mimo!

La cosa, lo so, non è così immediata…

Un paio di giorni fa J, la mia host mother, venne da me e mi disse che oggi sarebbero venute tre amiche di T per preparare insieme dei pancake come progetto per la classe di francese. Che già non è una cosa che vedi tutti i giorni a casa. In più poi è venuto fuori anche che le ragazze si sarebbero vestite come delle francesi –e già su questo ci sarebbe da discutere– e che avrebbero recitato tutta la ricetta in francese.

E che io, se mi ci fossi prestata, avrei potuto fare il mimo.

Quindi ho fatto il tecnico della musica per tutte le scene, e ad un certo punto, mentre le ragazze versano l’impasto nella padella, passo dietro di loro con noncuranza facendo finta che tra me e loro ci sia un muro.

mi rendo conto solo ora che avrei potuto indossare dei guanti neri e fare una figura ancora migliore

Nella scena successiva la mia bambina, T, dice che il pancake va girato, e io lo giro con assoluta maestria.

me la posso tirare infinitamente perché la mia nonna mi ha insegnato un trucco infallibile e infatti non fallisco quasi mai

Non mi aspettavo di divertirmi così tanto. J è rimasta colpitissima e ha detto che sono un talento naturale –probabilmente si riferiva al mio fare la sciocca– e la cosa mi ha fatto molto piacere…non sarebbe la prima persona che mi dice che dovrei fare teatro, in realtà, ma è una cosa che non ho mai neanche preso in considerazione.

La giornata non era iniziata molto bene, ma tra i consigli di A –esatto, la saggezza è quasi sempre tutta sua– l’acquisizione di un paio di numeri di telefono tattici e questa breve incursione a Parigi direi che la giornata è stata ben spesa.

 

PS: ragazzi, per evitare il continuo ripetersi di post lagnosissimi o sempre uguali stavo pensando di dedicare uno o due giorni alla settimana come argomenti fissi…c’è mica –ve lo chiedo tutte le volte e nessuno risponde– qualcosa che vorreste trattare?

Due Tempi

posso dire che è bellissimo rispondere ai commenti che mi lasciate? Vi adoro

Sono appollaiata sul divanetto di legno del soggiorno, quello che nessuno usa mai, quello dal quale la tv non si vede, quello che io trovo comodissimo e che se potessi mi porterei a casa.

Sono stata incaricata di tenere d’occhio i criceti mentre corrono nelle loro bolle verdine in giro per il soggiorno, perché pare che il gatto abbia preso la brutta abitudine di rincorrerli. J sta giocando con l’X-Box, T non so dove sia, G ha lasciato la casa in un accesso di malumore –presumibilmente in direzione di un pub– e J –la madre, non il bambino– si sta cucinando la cena.

Io sono tutta bella pulita e profumata dopo una giornata passata a pulire e mettere ordine ovunque dato oggi era l’ultimo giorno di lavoro, e sono particolarmente contenta e soddisfatta di me stessa, per non dire felice che tutti i regali che dovevo fare alla mia host family siano arrivati in tempo.

L’unica cosa che mi preoccupa è che il primo weekend dell’anno devo andare a Venezia e Milano e non ho voglia, ripeto, non ho voglia di andare sul sito di Trenitalia. Stavo tanto bene fingendo che non esistesse…

molti minuti dopo

Si suppone che quando i genitori sono a casa io stacchi e me ne freghi di tutto. La cosa sfortunatamente non succede, e io mi ritrovo a dover rimanere alzata fino alle dieci e passa, perché il padre non c’è, la madre ha la sveglia alle quattro domani mattina e i bambini sono ufficialmente in vacanza e vogliono fare quello che vogliono.

In genere nel weekend non hanno nessun coprifuoco, la cosa non dovrebbe stupire.

Lei si annoia, quindi inizia a lamentarsi del fratello, che invece si sta divertendo all’X-Box –a mio parere da un po’ troppe ore– e quindi va disturbato. Io mi offro di restare su fino alle dieci –cretina me– per non rovinare loro la festa, ma lei si annoia, dice che se ne va a letto e trascina con sé il fratellino, che ovviamente voleva restare qui. Seconda ramanzina gratis…

Lui ovviamente corre a disturbare la madre, poi va a lamentarsi dalla sorella che l’ha imbrogliato infilandosi in camera sua, dove viene aggredito e a quanto pare strozzato a tradimento.

Una vipera.

Quindi la soluzione ora è che lei ci ha chiamato noiosi e qualunque cosa è meglio che stare con voi, lui sta giocando con il mio cellulare –con buona pace della conversazione che stavo avendo con lei, esatto, proprio lei– io sto scrivendo un post con tante domande in testa.

Tipo perché non chiedo a lei una chiusura, una volta per tutte, e mi dimentico di averci passato otto anni insieme.

Ma più di tutto perché sto ancora lavorando, a meno dieci alle dieci?

 

Mentre Aspetti

C’è qualcosa di sbagliato in me.

Ho 27 anni e quello che dicono i bambini non mi dovrebbe toccare. A momenti neanche sfiorare.

Ho passato la mattina a correre in giro, ho messo in ordine le scarpe, la stanza dei criceti, lavato le lenzuola di J, fatto due lavatrici di roba, stesa piegata e tutto.

Mi sono seduta dopo pranzo per guardare Friends come faccio quasi sempre, in genere una puntata mentre mangio.

E dieci minuti fa, quando T ha acceso la televisione, era ovviamente ancora su Comedy Central, che trasmette quasi esclusivamente Friends tutto il giorno.

Ma possibile che non fai altro che guardare Friends? Sei sempre al cellulare, poi al computer, poi guardi Friends…non fai niente tutto il giorno.

Quello che dicono i bambini non mi dovrebbe toccare nemmeno.

Invece no.

 

Sto aspettando che arrivi il tizio che fa le ripetizioni a J.

Dovrebbe essere qui a momenti, fuori è buio e quattro giorni da passare qui mi sembrano ancora troppi.

La Paura

Non ce l’aspettavamo proprio.

Oggi filava tutto liscio, un giro in banca per farsi dare un po’ di euro –che dopo nove mesi di soldi con la straniera mi sembrano soldi del Monopoli– un giro al Tesco per comprare gli ingredienti per le delizie di sabato mattina, un giro alla discarica per far fuori tutto il cartone accumulato nell’ultimo mese di pacchi ricevuti…poi mi sono dedicata allo sgombero della stanza, una pausa veloce per preparare dell’ottimo chicken korma per me e T e poi via, a recuperare J che come ogni mercoledì passa il pomeriggio con l’amico T.

Domani mattina i bambini guarderanno I Fratelli Grimm e l’Incantevole Strega, a scuola. Ne abbiamo guardato un pezzo adesso, ma non è un film un po’ troppo spaventoso?

questa sarebbe K, la madre di T, che è supercarina e mi saluta sempre con un bel ciao-

Mi fermo un nanosecondo a pensare.

Il film con il cavallo che si mangia la ragazza.

Il film con qualcuno a cui sparisce la faccia.

Il film con l’omino di zenzero che non ricordo più cosa fa ma che è spaventoso.

metto rapidamente da parte il pensiero che in quel film c’è anche Heath Ledger, che è uno degli uomini più belli del mondo e che io adoro ma vabbè

Improvvisamente mi spiego lo sguardo spento negli occhi del mio J –che non sarebbe la prima volta che vado da un suo amico e chiedo E’ qui mio fratello?– lo recupero in fretta e lo infilo in macchina.

Dove si permette di farsi venire gli occhi lucidi.

Dove mi permetto di accarezzargli la testa e i capelli –ha dei capelli che non potete capire, un caschetto mostruosamente liscio e biondissimo che ciao– e mormorare qualche parola di consolazione.

A casa aspetta che io apra la porta per schizzare fuori dalla macchina e dritto tra le braccia della sorella, dove scoppia in lacrime.

Proprio la sera in cui sia il padre che la madre sono fuori e tornano a mezzanotte passata.

Vorrei dire che mi vergogno di aver fatto loro infrangere quasi tutte le regole ma non sarebbe vero: quando ci sono queste emergenze non c’è regola che tenga. Abbiamo guardato il film dei Simpson tutti insieme, mangiato popcorn e riso come matti, poi ho fatto loro una tazza di cioccolata calda a testa e li ho mandati a nanna.

Ho collezionato tutti i grazie di J, sussurrati a mezza voce ogni volta che gli dicevo dove stavo andando quando mi allontanavo, o quando gli ho portato la cioccolata, o quando, in mancanza di una soluzione migliore, mi sono offerta di restare in camera sua fino a che non si fosse addormentato.

Sono ancora qui, con l’orologio da parete che fa un casino infernale ticchettando, una mezza conversazione sugli effetti della negligenza umana sulla Natura –non sto scherzando. Stiamo pur sempre parlando del bambino che si preoccupava di cosa sarebbe successo se fosse scoppiata la Terza Guerra Mondiale– e un paio di lavori grafici per le mani, il muro che curva sulla mia testa in una specie di deliziosa alcova a fianco del suo letto.

Quasi quasi stanotte dormo qui.